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Tribunale Napoli, 08/09/2022, n. 7887
In tema di diritto al compenso del professionista, opera il principio di diritto secondo cui il rapporto di prestazione d'opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, postula l'avvenuto conferimento del relativo incarico, in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto compenso. È così necessario che vi sia stato uno scambio di consensi, costituito dalla proposta contrattuale (in genere, rappresentata dal conferimento dell'incarico), nonché dell'accettazione (in genere espressa per facta concludentia) dal professionista, che esegue la prestazione richiesta. Quanto innanzi tenendo ben presente che ove si verifichi un inadempimento del professionista rispetto alle obbligazioni assunte ciò comporta, tra l'altro, la perdita per lo stesso del diritto al compenso. Invero, il professionista, nella prestazione dell'attività professionale, sia questa configurabile come adempimento di un'obbligazione di risultato o di mezzi, è obbligato, a norma dell'art. 1176 c.c., ad usare la diligenza del buon padre di famiglia. Di conseguenze non vi è dubbio che la violazione di tale dovere comporta inadempimento contrattuale, del quale il medesimo è chiamato a rispondere anche per la colpa lieve (salvo che nel caso in cui, a norma dell'art. 2236 c.c. la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà), e quindi, in applicazione del principio di cui all'art. 1460 c.c., la perdita del diritto al compenso, oltre al risarcimento del danno.
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